Michele Nave
"Nel sogno tutto è concesso. Il velo di Maya si solleva, i cavernicoli di Platone scoprono il sole, la realtà acquista improvvisamente nuova forma e maggior senso. Un indecifrabile filo logico ci appare e lega attimi, avvicina oggetti, fonde contesti, tra loro remoti. Non esiste valore e non esiste morale nel sogno, ma solo un mondo di fantasia, che forse vorremmo reale. Con tale idea Michele Nave svela nelle sue opere la sua dimensione interiore, onirica e onesta, senza critica nè retorica.
Michele Nave, nato a Rivoli nel ’75, è un artista dai vari interessi: pittore autodidatta, fumettista, grafico professionista, musicista amatoriale. Si avvicina al disegno e alla pittura ancora bambino; senza abbandonarle mai, si sposta in diverse città d’Italia, sperimenta nuove tecniche e moderne frontiere. Realizza ritratti, paesaggi, fumetti e illustrazioni in 3D.
È però nel surrealismo e nella metafisica d’inizio Novecento che Nave trova maggiore ispirazione. Egli guarda ai contrasti tra significato e significante di Renè Magritte, al metodo paranoico-critico di Salvator Dalì e, con particolare attenzione, al modus operandi di Giorgio De Chirico. Nave mette insieme elementi del tempo passato, citando i grandi maestri antichi e i miti classici, con elementi del tempo presente. E li pone in un unico, immobile, pacifico contesto, dalle prospettive ardite e colori ricchi di luce. Talvolta si concede una leggera ironia, soprattutto quando la tela incontra il graffito.
Se De Chirico cercava nell’arte una dimensione che lo allontanasse dal mondo reale che non valeva il suo interesse, Nave vuole invece esaltare quel mondo e il tempo che fu. Il suo è un inno all’Italia, sua patria e sua musa. Ritrae i paesaggi, le architetture, le sculture, gli emblemi della cultura italiana, dà loro nuovo contesto e diverso valore. Su queste note si muovono anche le sue più recenti sperimentazioni, dove egli dichiara di voler adottare solo prodotti della sua terra, siano essi materiali o umani: su un blocco di cemento si stagliano in bianco e nero, come ricordi sbiaditi, i volti di Totò, di Sofia Loren, di Vittorio De Sica; gli unici colori che restano sono quelli del tricolore, nei pochi tratti di un codice a barre."
Vittorio Sgarbi